Il morbo dello scrittore Sempre più spesso, a leggere quel che sostengono i fan dell’autopubblicazione come magnifica e progressiva sorte dell’editoria, torna in mente lo spillettaio raccontato da Adam Smith in “La ricchezza delle nazioni”. Era l’infelice lavoratore costretto a fabbricarsi da solo lo spillo di cui necessitava, in assenza di divisione del lavoro. Una gran fatica, e uno spillo solitario che usciva dalla manifattura autarchica: utile alla bisogna, ma non certo paragonabile per qualità agli spilli usciti da una fabbrica ben organizzata. Mariarosa Mancuso 24 MAR 2013
Quanto è difficile scrivere un romanzo al tempo dei social network Patricia Highsmith lasciò tre milioni di dollari alla colonia per scrittori di Yaddo, dove era stata per due mesi nel 1948. Su suggerimento di Truman Capote, la ventisettenne riscrisse “Sconosciuti in treno”: il romanzo non ebbe gran successo di pubblico ma nel 1950 attirò l’attenzione di Hitchcock, che ne ricavò un film. Da qui la ricca eredità lasciata alla residenza per artisti di Saratoga Springs, New York. Nell’albo d’oro, dal 1900 a oggi, ci sono seimila nomi. Tutti felici di avere trovato pace, tranquillità, distacco dalle grane familiari, magari qualche amorazzo per svagarsi nelle ore libere. Mariarosa Mancuso 13 MAR 2013